Deline (opera prima)

vedi anche

sito ufficiale

titolo originale:

Deline

fotografia:

montaggio:

scenografia:

Licia Liberati

costumi:

paese:

Italia

anno:

2013

formato:

HD - colore

La leggenda popolare narra che ogni cinque anni, al culmine del solstizio estivo del 21 giugno, si manifesti nel Castello romagnolo la presenza di Guendalina, detta Azzurrina, una bimba albina scomparsa in modo misterioso nel medioevo nel nevaio dell'antico maniero. Il racconto suggestivo di chi crede di sentire ancora oggi la voce di Azzurrina è suffragato da studi scientifici seri, l'Università di Bologna e la RAI hanno realizzato dal 1990 in poi delle registrazioni dell'evento in cui si percepisce davvero il lamento di una bambina. I nastri sono ascoltabili dai turisti che visitano il maniero, oltre che su internet. Questi materiali veri sono fulcro essenziale del racconto filmico. Nel film Richard e Lara e i neo-sposini Leonard e Jenny affrontano come un gioco goliardico la scommessa di passare una notte all'interno dell'antico maniero per “incontrare” il fantasma. I ragazzi, dopo aver seguito assieme ad altri ospiti la visita guidata dall'inquietante guida albina, all'ora di chiusura si nascondono dentro il fortilizio. Chiusi dentro il Castello, iniziano un'esperienza che diventerà sempre più coinvolgente e misteriosa. La vicenda del film rispetta il compatto canone di narrazione aristotelico, che le conferisce particolare verosimiglianza: unità di luogo: il Castello, di Tempo: tutto in una notte, e di azione. “Azzurrina, il Castello di Azzurrina” si basa su questa inedita tecnica Documentaristica che deve mantenere un carattere di autenticità, da filmato amatoriale. L'approccio al tema horror avviene dunque in stile “real tv”. Questo genere di televisione documenta in modo diretto la realtà secondo la prassi statunitensi "No script, no actors, no editing". Non la rielabora con filtri linguistici sofisticati legati al montaggio in post-produzione per trasformarla in un seducente gioco, è un sistema di rappresentazione insolito per l'horror, la regia non può infatti gestire il plot con l'uso sofisticato di telecamere, né tradire il realismo del racconto con montaggi eccessivi.
Affascinati dalla scoperta del “Castello del tempo” i personaggi considerano tra il serio e il faceto l'idea di calarsi nel nevaio, scendendo la scala fino al gradino che ha inghiottito Azzurrina: qui, secondo le credenze arcane, avviene lo squarcio del Tempo e si incontrano la “porta degli uomini” con la “porta degli Dei”. La tensione crescente del gioco provoca la pazzia di Jenny. Una regressione alienante la induce a dondolare su una sedia come la madre di Azzurrina, distrutta dal dolore per la perdita della figlia. La scoperta del “Segreto” deforma il corso del Tempo stesso, provoca regressioni e avanzamenti, induce alla follia. I rapporti tra i personaggi degenerano, i nervi cedono, iniziano ad accusarsi a vicenda. Nel Castello appaiono misteriosamente la palla di stracci e il codirosso che accompagnavano Azzurrina nella sua scomparsa. I visitatori cercano invano di chiamare soccorso ma i loro telefonini sono isolati. Uno ad uno scompaiono tutti meno che Leonard in un delirio progressivo inarrestabile che si placa solo allo spuntare del giorno. Solo allora, riappare Maria, l'inquietante guida albina del Castello…