Diaspora: ogni fine è un inizio

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Diaspora: ogni fine è un inizio

Diaspora: ogni fine è un inizio

Diaspora: ogni fine è un inizio

titolo originale:

Diaspora: ogni fine è un inizio

titolo internazionale:

Galut, every end is a beginning

cast:

Marina Piperno, Victor Fornari, Ari Fornari, Anna Bises, Edna Barromi Perlman, Lee Perlman, George Sonnino

fotografia:

montaggio:

produzione:

vendite estere:

paese:

Italia

anno:

2016

durata:

240'

formato:

colore

uscito il:

18/05/2017

Nella fotografia di apertura sta il punto di partenza del lungo viaggio, durato tre anni, che Marina Piperno, con Luigi Monardo Faccini, compagno di avventure cinematografiche da 40 anni, ha fatto tra Stati Uniti, Israele e Italia. In questa fotografia stanno i membri delle famiglie Piperno, Sonnino, Fornari, Bises e Di Segni, che, nell’autunno del 1938, in quel di Anzio, dove i Piperno possedevano una piccola villa a due piani poco distante dal mare, si incontrano, e nell’imminenza della promulgazione delle leggi razziali decidono che New York sarà il loro approdo salvifico. Viaggi per nave si susseguirono per organizzare l’esodo. I Fornari, i Sonnino e i Bises, partirono. Alcuni rimasti si convertirono al cattolicesimo. Solo Simone Piperno, padre di Marina, sceglierà di non lasciare sola la vecchia madre Rachele, rifiutata dalle autorità americane in quanto troppo anziana e non più produttiva, rischiando così la vita della propria famiglia. All’epoca Marina aveva tre anni ed é la bambina sulla destra, con gli occhi sgranati e la bocca aperta per una qualche sorpresa sconosciuta. Dopo quasi ottanta anni, con il sostegno di Luigi, le è venuta voglia di raccogliere i frammenti residui di quella lacerazione, allargando il periplo verso Israele, sulle tracce dei Baroccio e dei Piperno emigrati laggiù prima che l’ONU sancisse la nascita dello stato israeliano. In Italia la ricerca si è svolta tra i parenti più stretti, quelli che non emigrarono, per capire come la loro identità ebraica, dopo le leggi razziali e durante la guerra, si sia mantenuta ed evoluta. Un viaggio dai profondi risvolti affettivi, che ci ha consentito di misurare tutta la nostalgia che i cugini americani, ormai di seconda e terza generazione, nutrono per il paese nel quale sono nati e cresciuti i loro antenati. Mentre in Italia ha toccato la forte laicità di cui è intriso il loro ebraismo, in Israele ha ripercorso l’ardua e responsabile scelta sionista di chi si recò nei kibbutz.
Collegando i frammenti parentali dentro l’affresco che via via prendeva forma sappiamo di aver tessuto qualcosa che salva non solo un prezioso passato famigliare, ma, soprattutto, la strenua volontà ebraica di non soccombere. Una ricerca che diventa saga ed epopea della dispersione causata dalle leggi razziali del 1938. Un film che non ha eguali in Europa, lungo quattro ore, diviso in sei capitoli: Ottanta anni dopo; Stati Uniti d’America, land of opportunities; Noi qui, prima di Giulio Cesare; Il deserto che fiorisce; Quando Ari Lev Fornari incontrò Simone Piperno; Ogni fine è un inizio.