Si accettano miracoli (opera seconda)

C’era una volta Fulvio (Alessandro Siani), tagliatore di teste senza scrupoli di una nota multinazionale, che dopo aver fatto piazza pulita dei rami secchi dell’azienda viene a sua volta licenziato. La sua reazione non esattamente composta gli costa cara: un mese di servizi sociali da scontare nella casa famiglia di suo fratello Don Germano (Fabio De Luigi), parroco di un piccolo borgo del sud d’Italia. Da manager consumato e scaltro qual è, Fulvio non ci mette molto a capire che per aiutare suo fratello, i bambini e il paese c’è bisogno di un vero e proprio “miracolo”. E quindi, all’insaputa di tutti, se ne inventa uno. Questa idea all’inizio sembra funzionare a meraviglia e quel borgo dimenticato da Dio si trasforma in un luogo di culto e pellegrinaggio per migliaia di devoti. Ma quando il Vaticano invierà sul posto i vescovi a fare le verifiche del caso, il piano di Fulvio comincerà a vacillare ...
“Si accettano miracoli” coniuga la favola in stile disneyano con le atmosfere tipiche della nostra tradizione, dando vita a una commedia divertente e magica. In una parola “da favola”.

NOTE DI REGIA:
Questo secondo film è stato per me l'occasione per mettere a fuoco ancora meglio quello che mi piace. Con “Il principe abusivo" ho scelto di raccontare una favola comica e in quello scenario mi sono trovato bene. Per questo ho deciso di consolidarmi nel genere. Diciamo che potrei definire questo film un "fantasy-comedy", che mette insieme gli elementi fantastici tipici delle fiabe, con gli ingredienti classici della comicità: gag, battute e situazioni comiche. L'idea di ambientare un lungometraggio in un piccolo paese di provincia ha cominciato ad attrarmi fin da quando ho girato "Benvenuti al sud". È stato in quell'occasione che ho iniziato a riflettere sulle enormi potenzialità cinematografiche dei piccoli centri. Ho detto prima che amo raccontare delle favole, e la stessa ha bisogno di un luogo un po' magico e fuori dal tempo che forse è difficile riprodurre all'interno delle frenetiche città in cui viviamo oggi. In un paesino sento di avere più spazio per i sentimenti e contemporaneamente una maggiore libertà espressiva: certi personaggi un po' sopra le righe che in un contesto urbano risulterebbero fin troppo farseschi, sono invece perfettamente credibili collocati all'interno di una piccola realtà di provincia e questo, da un punto di vista comico, è una grande opportunità. Ho scelto un tema legato al miracolo perché credo che racconti bene i tempi in cui viviamo: se oggi la gente continua ad andare avanti, nonostante la crisi, le difficoltà, i mutui, le bollette, questo è senza dubbio, già un fatto miracoloso! Mi è piaciuto molto inserirmi del tutto in una realtà piena di gente, mi nutro del loro contatto ogni giorno. Senza vivere immersi nella quotidianità è impossibile pensare di fare commedia. Un certo tipo di lavoro comico è alla ricerca dei tic. In quel caso puoi anche limitarti a osservare la realtà. Entri in un bar, ti metti in un angolo e da lì inizi a guardare la gente. Vedi cosa fa, come si muove, di che parla, come ne parla. Questo può essere un buon esercizio per creare delle macchiette. Personaggi comici a una dimensione, tormentoni da cabaret. Credo però che una buona commedia abbia bisogno di qualcosa di più profondo. Nelle storie che racconto cerco di tenere sempre ben presenti i sentimenti. La ricerca dell'aspetto umano dei personaggi. E per maneggiare questo materiale non puoi limitarti a osservare le persone seduto in un angolo. Devi entrarci in contatto, parlarci, capire cosa c'è al di là dei gesti e dei tic. In questo senso la mia città, e il calore del suo popolo, sono la mia linfa vitale.