Là suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d'acqua

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Là suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d'acqua

Là suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d'acqua

titolo originale:

Là suta. La nostra eredità nucleare in un triangolo d'acqua

titolo internazionale:

Down There - Our Nuclear Heritage in a Triangle of Water

cast:

Gian Piero Godio, Rossana Vallino, Umberto Lorini, Enrico Adduci, Giovanni Vallino

sceneggiatura:

fotografia:

montaggio:

produzione:

Associazione Almaterra, BabyDocFilm, Zenit Arti Audiovisive, con il sostegno di Piemonte Doc Film Fund, Fondazione CRT, CGIL Vercelli-Valsesia, con la collaborazione di CSC Archivio Nazionale Cinema d'Impresa Ivrea

paese:

Italia

anno:

2014

durata:

68'

formato:

HD - colore

status:

Pronto (30/05/2014)

premi e festival:

  • Cinemambiente 2014: Concorso ItaliaDoc
  • Premio Libero Bizzarri 2014: finalista

Due referendum hanno fermato in Italia la produzione di energia nucleare. A Saluggia, piccolo comune agricolo a 40 Km da Torino, sono conservate la maggior parte delle scorie prodotte dalla stagione nucleare italiana. In un'area a ridosso del fiume Dora Baltea, tra i principali affluenti del Po, delimitata da canali irrigui che portano l'acqua alle risaie del Vercellese e attraversata dalla falda acquifera che alimenta l'acquedotto del Monferrato. In questo triangolo d'acqua, a partire dalla fine degli anni '50, sono sorti un centro di ricerca nucleare, un reattore sperimentale ed un impianto di riprocessamento in cui si sono sviluppate – in ambito civile e militare - tecniche per recuperare uranio e plutonio dagli elementi di combustibile irraggiati. Sono così arrivate a Saluggia barre esaurite dalle centrali nucleari italiane e da reattori di altre nazioni per essere sciolte e riprocessate all'interno del centro Eurex. Ancora oggi lì si trovano i residui liquidi radioattivi del trattamento, le più pericolose tra le scorie.
Nel 2000 un’alluvione di portata estrema causò l’esondazione della Dora Baltea e la rottura degli argini del canale Farini, arrivando ad allagare i siti nucleari. In quell’occasione il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, allora presidente dell’ENEA - che aveva in gestione gli impianti di Saluggia - parlò di “catastrofe planetaria” sfiorata. Se alcuni fusti contenenti scorie liquide ad alta radioattività fossero stati trascinati dalla Dora in piena al Po, gli effetti sarebbero stati devastanti per l’intera Pianura Padana.
Mentre si continua a differire la realizzazione di un Deposito Nazionale unico in cui conservare in maniera sicura e definitiva i rifiuti radioattivi italiani, a Saluggia, nella stessa area alluvionabile, è in costruzione un nuovo deposito temporaneo di scorie, il D2.

NOTE DI REGIA:
Cristina Monti: Sono nata a pochi chilometri da Saluggia, questi territori rappresentano per me l’età dell’infanzia. I primi ricordi di camminate nei boschi con mio padre, di pomeriggi trascorsi accanto allo scorrere dell'acqua. Ho seguito per anni le vicende legate alle scorie radioattive in quest’area. Nulla sembra mutare, regna l’immobilismo delle istituzioni e dell’informazione. Oggi, che sono madre, voglio raccontare la storia di un territorio che ospita da troppi anni una pericolosa eredità per le future generazioni.